Informazioni personali

La mia foto
I'm experiencing my first time alone and abroad, being an au-pair in Finland. I write about my finnish life, cultural differences and sometimes about my idea of style.

mercoledì 30 novembre 2011

Una fashion blogger che odia ciò che è Fashion.


Lo si era capito che ho un'idea mia di ciò che è fashion.
Qualcuno potrebbe pensare che non sono abbastanza alla moda, in realtà perdo ore delle mie giornate a pensare ai capi da combinare.




La mia idea di fashion è: esprimere personalità tramite ciò che si indossa.
Del resto, io non ho uno stile specifico. 
Non mi piace essere etichettata come "quella chic", "quella tutta firmata", "quella troppo rock", "quella punkabbestia"... Ecc. Io sono Marta, e cerco di vestirmi seguendo ciò che il mio umore mi dice.


Prendiamo ad esempio: venerdì sera sono uscita con i mocassini, e Gege mi ha presa in giro tutto il tempo chiamandomi "Radical Chic".
Suvvia, indosso vestiti di seconda mano non perché fa fighi, semplicemente non ho soldi e trovo uno spreco assurdo buttare via delle cose che in realtà non hanno difetti.


Strizzo ogni centesimo, e risparmio su tutto, ma non perché sia tirchia, semplicemente non ne ho!


Odio fare dei moralismi, ma non sopporto chi compra la Louis Vuitton o la Birkin  solo perché è di moda, e poi si vantano di aver fatto mille sacrifici per possederla, e il più delle volte non sanno a cosa abbinarla, così facendo la usano con tutto. 
Vi rendete conto che quel marrone topo della vostra Vuitton non è abbinabile con qualsiasi altro capo? 
I capi firmati a grandi stilisti vanno comprati da chi può permetterselo. 


Ho passato gli anni delle medie a tormentarmi perché i miei non potevano permettersi di comprarmi le scarpe che costavano più di 100 euro. Temevo di essere discriminata.
Prima di imparare a comprare pur non avendo soldi, son passati anni.




Nel mio periodo squatter/punkabbestia credevo di esser tanto "alternativa", mettendo i Karl Kani o i Carhartt, e portando ai piedi le Etnies... 
Poi ho capito: quei pantaloni o quelle scarpe sono la scelta alternativa alle marche da "fighetti", e hanno all'incirca gli stessi prezzi.
Mi son detta che per fare la finta "pezzente" e aver speso comunque cento euro per un paio di jeans, forse era meglio esser se stessi e comprare solo cose che mi piacessero davvero.
Il jeans per me è Cheap Monday, perché veste bene e costa poco. Il maglioncino è H&M o Zara. La scarpa firmata è Vans. 


Quando andavo a lezione a Milano ho scelto di fare una mantellina di un bell'azzurrino, con un interno di una stampa particolare.




Il prezzo in totale (la stoffa di lana della mantellina è della cara stilista Von Furstenberg), è di circa 35 euro.
Per comprarla in un negozio sarei stata disposta a pagarne 100. Ora ditemi: quanto ho risparmiato?

venerdì 11 novembre 2011

Noi Ragazzi dello Zoo di Berlino - Zoologischer Garten

Sveglia di prima mattina: ci prepariamo a vivere la prima vera giornata nella capitale tedesca.



Nella borsa ho la mia guida Lonely Planets e un portafogli colmo di soldi da spendere, acqua (che sembra costare più di qualsiasi bevanda schifosamente dolce) e medicine contro l'improvvisa diarrea data dal freddo (solo precauzionali).




Scendiamo nella metro, arriviamo alla stessa fermata del giorno precedente: Zoologischer Garten, risaliamo e finiamo per entrare da Dunkin' Donuts, un fast-food di ciambelle: ne ha di tutti i gusti, dal cappuccino alla fragolina di bosco. 
Io sono attratta da quella ripiena di panna, ma anche da quella piena di zuccherini colorati.
Mi è impossibile scegliere, perciò le prendo entrambe, con un thé caldo.
Gege è meno goloso, e prende un caffè, accompagnato do un'unica ciambella.

Scopriamo che a Berlino il wi-fi gratuito è un concetto ancora poco sviluppato, infatti per la connessione ad internet vi sono delle apposite aree sparse nei vari centri commerciali, o dentro alcune catene di fast food, una tra quali, Dunkin' Donuts.
Per 2 euro puoi utilizzare i loro pc e cazzeggiare per un'ora.




Comunque non abbiam tempo da perdere sul web: siam curiosi di vedere uno zoo, per di più uno zoo come quello di Berlino, divenuto famoso grazie a Christiane F. (anche se lei non facevo proprio riferimento al giardino zoologico).


L'entrata ci costa 12 euro a testa grazie allo sconto del nostro abbonamento settimanale.


Fa freddo, e alle luci del giorno è tutto molto bianco, per via della neve.
Lo zoo è immenso e ci sono troppi animali da vedere. Tra i primi i pinguini, animali preferiti da Gege, di diverse razze, sguazzano nelle loro piccole vasche (ogni razza ha la sua), e sembrano non patire assolutamente il freddo.





Veniamo attratti da una vasca più grande. 
"Che delusione. C'è niente qua dentro!", ci ritroviamo a pensare. Ed inaspettatamente esce una foca, che si crogiola sul bagno-asciuga ricreato apposta per lei. Poi si alza e fieramente mostra a noi tutta la sua bellezza.


La foca fiera di se.


Nelle vasche a seguire troveremo altre foche e otarie, come anche delle timide lontre.


Poi scorgiamo una casetta immersa in un grande giardino, e lì risiedono le zebre.
Il loro mantello non ha nulla a che vedere con le stampe animalier tanto di moda tra 2009 e 2010. Le loro strisce sono perfettamente disegnate, quasi simmetriche.
Si allineano una a fianco all'altra, e ci guardano: "Ammirateci. Sappiamo bene che siamo bellissime", sembran dire, altezzose.






Pochi anni prima, StudioAperto, l'inutile telegiornale di Italia1, aveva dedicato una settimana di servizi sulla nascita di un orsetto polare nato in cattività nello zoo di Berlino, l'orsetto Knut.
Eravamo decisissimi a trovare l'orsetto, ormai delle dimensioni di un piccolo elefante.
Nel cercarlo ci siamo imbattuti in una miriade di altri animali: branchi di lupi bianchi, gufi e persino al Condor gigante! 

Abbiamo persino visitato l'area degli uccelli tropicali, ovviamente al coperto, con tanto di riscaldamento e umidità, per ricreare il loro abitat.





Ed eccoci finalmente arrivati davanti all'area ricreata per gli orsi polari: effettivamente di grandi dimensioni, si arrampicavano sulle rocce bianche di ghiaccio e neve. 



Un orso era "intrappolato" tra i ghiacci più bassi e sembrava incapace di risalire.
Io e Gege abbiam ipotizzato essere Knut, poiché l'unico così stupido da potersi meritare un servizio su StudioAperto. [Ci è sinceramente dispiaciuto sapere che poco dopo il nostro ritorno a casa, Knut è mancato...]


Ricordiamo Knut così, mentre cerca di risalire i ghiacci.


Poi è stata la volta dei tapiri e dei rinoceronti, scoprendo così che quest'ultimi son stati, come gli elefanti, una specie in via d'estinzione.
Brutalmente abbattuti, il loro corno veniva poi staccato per ricavarne l'avorio.
I rinoceronti (non che io non ne abbia mai visto uno, ma ero piccola e ora, da ragazza semi-matura, posso trarne nuove conclusioni), sono simili a dinosauri, col culone possente. La loro pelle sembra fatta di pietra, e fanno montagne di cacca gigante.




E' stata la volta anche delle giraffe e delle antilopi, ma nulla mi ha scioccata quanto le scimmie.


Seguendo il percorso ci troviamo davanti a questa grossa casa in legno, con su la scritta in tedesco: "Casa delle scimmie".




Ci entriamo e subito capisco che i nostri antenati sono tutti degli sciroccati: le scimmie più piccole sono iper-attive, saltano da una parete all'altra della loro gabbia e si fanno i dispetti (mi han ricordato molto me e mio fratello da bocia); quelle dalle dimensioni più grandi invece sono apatiche (e mi han ricordato l'attuale me stessa).
Tre son state le cose più sorprendenti che io abbia mai visto fare da degli animali.
La prima: io e Gege rimaniamo imbambolati davanti ad una vetrina, dentro la quale una particolare razza di scimmie (non mi ricordo quale) di piccola taglia, si rincorrono e saltano come delle assatanate. Sono tante, e ci sono persino dei cucciolini teneri.
Uno di questi cuccioli inizia a rincorrere un suo amichetto, si azzuffano e ne subentra un terzo. 
Il piccoletto se ne va, lasciando gli altri due mentre se le danno di santa ragione, fino a che incominciano a fare esattamente ciò un essere umano si aspetta dalle scimmie, ovvero spulciarsi. Si toccano ovunque, a vicenda. Ad un certo punto uno dei due alza la coda dell'amico ed inaspettatamente gli mette un dito nel sedere, con molta nonchalache.
Ovviamente il secondo al primo colpo s'è indispettito, ma agli altri tentativi cede.


Il secondo riscontro con la realtà scimmiesca è decisamente particolare: dopo aver riso delle scimmie molestatrici, ci spostiamo alla vetrina successiva, dove vediamo un gorilla attaccato al vetro, che porta in grembo un oggetto che custodisce gelosamente.
-Guarda amore! Questo tenero Gorilla sta coccolando qualcosa!- dico io.
-Già, sarà un suo cucciolo? Guarda, sembra peloso!-
-Non so. Non sembrerebbe, è troppo piccolo. Penso sia del cibo, perchè lo sta mangiucchiando.
-Boh, in effetti hai ragione.
-Sarà una banana. Cioè, dev'essere una banana! Un pò marcia forse... E' nera.
Il Gorilla si gira e ci squadra, come per dire "questa è la cosa più buona del mondo e ve ne lascio nemmeno un pezzo".
-Secondo me è una merda- dico io. Tempo di finire la frase e la scimmia scopre il suo prezioso bottino: è veramente un suo stronzone, nero e peloso. E lo mangia con gusto.
-Oh, cazzo...




Il terzo rappresenta ciò che fanno gli uomini quando si annoiano.
Vetrina dell'Orango-Tango. Un bestione svaccato contro il vetro, con le gambe all'aria. 
-Io non riesco a capire da che parte sia girato- dice Gege.
-Penso che abbia la testa al contrario. E ci guarda annoiati.
Nella noia dell'osservare noi stupidi ominidi, l'Orango si ficca un ditone dal pelo fulvo nell'enorme narice.


L'Orango che si scaccola.


E dopo di ciò, decidiamo di averne viste abbastanza, così usciamo dallo zoo, soddisfatti, ma decisamente affamati (non di feci).


Decisi di puntare al risparmio, prendiamo l'entrata del primo fast-food economico, che ci offre un thai-box a poco più di due euro (Gege), e del sushi a quattro (Io).
Il thai-box contiene degli spaghetti di soia con pollo, riso e verdurine, il tutto insaporito da zenzero e una piccantissima salsina. Ringrazio di aver preso il sushi, perché il piccante troppo forte, non lo reggo.


Secondo la pianificazione della giornata, avremmo dovuto spostarci per vedere un museo d'arte, ma fa freddo, e la voglia di vedere la Porta di Brandeburgo è maggiore.

Arriviamo con la metro alla Brandeburger Tor, e subito ci fiondiamo al primo Starbuck's, perché desidero terribilmente un Frappuccino al cioccolato. 



Seduti da Starbuck's vedevamo questo.


Ovviamente il locale è iper-affollato, e sembra un miracolo trovare due posti a sedere esattamente attaccati alla vetrina che da sulla Porta di Brandeburgo.
Dalla porta principale entra la coppia che la mattina prima rischiava di non prendere l'aereo perché sprovvista dicarta d'imbarco. In una città con circa tre milioni di abitanti, noi italiani, veniamo attratti da Starbuck's, come le mosche al miele, per il semplice fatto che nella nostra nazione il caffè si dice sia il più buono al mondo, ma nonostante ciò ci siam fatti condizionare dai film americani che tanto sponsorizzano la famosa catena di caffetterie.
Intanto fuori ha ricominciato a nevicare. Io accendo il mio netbook per collegarmi ad internet, sfruttando il wi-fi, e Gege controlla la guida Lonely Planets.
Quest'ultima ci consiglia di fare il giro del centro sull'autobus 100, che ci porti fino ad Alexander Platz.


Foto turistica di Gege con un orso (mascotte di Berlino) e una SS nazista.


Saliamo sul bus per affacciarci al finestrino e vedere una città immensa ricoperta di bianco. Il panorama sembra uscito da una poesia, e noi lettori ne godiamo.






Scendiamo nei pressi di Alexander Platz, e inevitabilmente veniamo attratti dall'ennesimo mercatino di Natale. 
E' più forte di noi: le luci e il profumo di frittumi e di CurryWurst è irresistibile.




Ci addentriamo prima ai Magazzini Kaufhof (una sorta di La Rinascente, o Harrods, o Lafayette), alla ricerca di un bagno; alla fine, ci faccio anche un giro, ma sbianco alla vista di un paio di collant che costano 12 euro, ed erano i più economici. 


Ne usciamo, per addentrarci nel mercatino, fino a che uscendone troviamo l'enorme centro commerciale Alexa.

Entrata di Alexa


E' proprio vero che l'essere umano è disposto a sprecare un sacco di soldi pur di non patire gli sbalzi climatici. In questo caso fa troppo freddo, io e Gege ci infiliamo nel grande magazzino per scaldarci e troviamo che sia uno dei centri commerciali più belli del mondo.
Vengo attratta da un negozio in cui vengono prodotti peluche con il cuore.
In tutto il negozio ci sono cassettoni aperti pieni di pupazzi senza imbottitura, ognuno di un animale differente. Il bambino entra, sceglie il peluche preferito da imbottire e al quale mettere un piccolo cuoricino. Il tutto viene fatto sul momento dalle commesse e dai piccoli, che seguono passo a passo il procedimento per dare vita la suo pupazzo! 
Trovo che sia un'idea bellissima, perché da bambina ne avrei desiderato uno!
Una parte del negozio è dedicata all'abbigliamento per i peluche, e ci sono vestiti che io, essere umano desidero indossare! 
Sarebbe un'idea fantastica per fare il regalo a Gabriele, il cuginetto di Gege, ma non sapremmo dove mettere un pupazzo nei nostri trolley... E poi è troppo piccolo, e rischierebbe di soffocarsi nel caso in cui ingerisse uno degli occhietti del peluche.






Abbandoniamo l'idea e il negozio, per spostarci da H&M, dove io inizio a spendere soldi senza criterio. 
Giriamo tutto
Quando usciamo per fumare una sigaretta ci troviamo davanti ad un LunaPark, ed è evidente che siamo usciti in una zona differente rispetto a quella da cui siamo entrati. 
Sono le 19,30 e nevica. Mi sento una bambina, e come tale trascino Gege verso le montagne russe. 


Luna Park sotto la neve.


Foto scattata appena prima di salire sulle montagne russe.


Il prezzo della felicità vale 4 euro di corsa su di esse, seguita da una birra fresca ed un CurryWurst.




E inizio a fare caso alle tendenze berlinesi, per quanto riguarda la moda: 


-stivali a terra alti fino al ginocchio, o scarpe da ginnastica 
-collant di lana, magari lavorati a trecce,
-parka,
-cuffia e sciarpa di lana,
-borsa a tracolla capiente ma sempre di pelle (o meglio: eco-pelle).


I colori preferiti sono quelli naturali: dal senape alla terra.


Il freddo colpisce in maniera grave, e rientriamo da Alexa.
Avevamo scoperto delle poltrone vibro-massaggianti, che con due euro e cinquante ti facevano un massaggio per dieci minuti.
Non abbiamo esitato... E venti minuti dopo ne siamo usciti, diretti al nostro albergo, infreddoliti, ma soddisfatti della prima giornata da tedeschi.









giovedì 10 novembre 2011

Noi Ragazzi dello Zoo di Berlino - Guten Morgen Berlin!

Gege è in stazione che mi aspetta.
Mi vede scendere con l'aria un pò malinconica.
Salgo le scale del sottopassaggio (con non poca fatica, data la mole del mio trolley) e lui mi sta aspettando.


A tirarmi su il morale è la sua frase: -Dammi il trolley, te lo porto io. 


Gege non è un ragazzo normale.
Cioè, non venga fraintesa questa mia frase: lui è perfettamente un essere umano dotato d'intelligenza e di tutti gli organi vitali che servono; ma -ebbene sì, c'è un "ma"- lui pensa che, avendo noi donne voluto avere la nostra emancipazione e indipendenza, è giusto che questi valori per i quali abbiam lottato non vengano sminuiti, pertanto secondo lui non sarebbe un atto di galanteria quello di portarmi la valigia, ma solo un modo per dire "Te la porto io, uomo, perché tu sei donna e fai fatica"...
Invece, quella sera ha voluto tirarmi risollevarmi il morale portandomi il trolley, ed io l'ho molto apprezzato.


Fuori dalla stazione c'era suo papà in macchina, che ci aspettava.


Una volta ricevuta la chiamata dei miei che mi dicevano di esser tornati a casa vivi, abbiamo cenato e poi controllato i rispettivi bagagli.
Poi ci siamo guardati un film, mentre fuori scendeva la neve.


La notte abbiamo dormito abbracciati, consapevoli che esattamente ventiquattr'ore dopo avremmo ripetuto la stessa scena ma in un'altra nazione, in una capitale tutta nuova da visitare, scoprire, annusare, amare.


La mattina la sveglia suona alle 4,30. Abbiamo il volo alle 8,20. La chiusura del gate è alle 8.

Ci prepariamo, beviamo un thè caldo e un caffè.

Io corro in camera a prendere il trolley, da caricare in macchina, e, agguntando la mia fotocamera che era sul letto... Mi cade per terra.


DAMN!


L'accendo per vedere se funziona: si accende... Ahimè il flash non funziona.
Fotocamera a puttane giusto poche ore prima di arrivare a destinazione. 
Non è resistita, anche solo per fermare l'immagine della Porta di Brandeburgo.


La macchina è carica, e fuori nevica grosso quanto una palla da ping-pong. Perdipiù ha nevicato anche durante tutta la notte, e si è fermata.

Ora sono preoccupata per i genitori di Gege. Non m'importa se non riusciremo a partire: voglio solo non accadano delle cose tragiche, specialmente con le strade così brutte.


Il viaggio verso Malpensa dura un'eternità, giustamente, perché ci vuole prudenza. E arriviamo in aeroporto alle 7,45. 


Mi sento come in un film d'azione: dobbiamo riuscire a passare l'enorme fila in coda al controllo bagagli, trovare il gate, passare all'imbarco, il tutto in quindici fottuti minuti... e sperare che con tutta quella neve, il nostro volo parta.


Cosa ci faccia tutta quella gente il sei dicembre a Malpensa, ancora me lo chiedo:
famiglie con bambini, uomini d'affari (loro cosa ci fanno lì lo comprendo bene, e l'invidio anche: viaggiano per lavoro), coppiette.
Una di quest'ultime non passa il controllo perché non ha stampato il check-in online con la carta d'imbarco, quindi è costretta a tornare indietro.


Nella mia mente penso: "Che sfiga: arrivi al controllo bagagli, dopo aver fatto una coda infernale e non hai i documenti per partire. Per fortuna io, questa volta, ho tutto".


Gege passa sotto al metal-detector e suona: non ha tolto la cintura? Sì, la toglie e ripassa.
Intanto il tempo scorre e io scalpito mentre rimetto il netbook dentro al bagaglio.


Suona di nuovo. Cosa sia non si sa.


Al terzo tentativo lo fanno passare, e scatta la corsa al gate.


Arriviamo al fatidico Gate19: il volo per Berlino c'è, e c'è anche un sacco di gente che aspetta di entrare. Le porte sono chiuse.


Tiro un sospiro di sollievo perché riusciremo, forse, a partire. Se solo il tempo vuole.
Passano una decina di minuti, e mentre aspettiamo, arriva la coppia che non aveva stampato la carta d'imbarco. Alla fine ce l'hanno fatta.
"Bene, ora che abbiamo aspettato anche sti ritardatari, per quale cazzo di motivo non ci fate salire?". 
Alle 8,30 arrivano le hostess, aprono i cancelli e in poco siamo in aereo.


Certo è che le condizioni metereologiche non sono delle più rosee.
Pensavo che, entrati in aereo, tempo mezz'ora e saremmo partiti.
Ne passa una intera prima che si accendano i motori. 


E finalmente partiamo.


Del viaggio in aereo, solitamente, mi piace guardare i paesaggi dall'alto, come cambiano velocemente. 
Nevicando, sotto di noi si vedeva bianco, o il nulla, quindi mi son fatta piacere il carrello di cibi.
Il thè caldo di Starbuck's non ne valeva il prezzo improbabile, come nemmeno il muffin e il caffè di Gege.


Alle 10,30 atterriamo a Shonefeld, e la prima cosa che facciamo è notare anche lì il tempo è orribile e che vogliamo assolutamente trovare un bagno. Ma la prima cosa che ci fanno appena atterrati, due sbirri tedeschi, dai baffi bianchi (baffi a manubrio, tipo Magnum P.I.!) e dorati, le pance gonfie dalle probabili troppe birre e gli occhietti piccoli e gelidi (tipici dei nordici), ci fermano per controllare le borse.
Probabilmente abbiamo la faccia da teppisti/terroristi.


Ci lasciano andare giusto in tempo prima di vedere la mia vescica scoppiare e imbrattare di urina tutta l'ala degli arrivi.


Con la vescica integra, finalmente usciamo e Gege compra le sue prime sigarette tedesche, nel pacchetto da 25, anche se dentro ce ne sono 22 (o 23?).




Ci dirigiamo alla fermata della metro dell'aeroporto, prendiamo i biglietti, consapevoli di dover aspettare un sacco prima di arrivare in centro.


La metropolitana/ferrovia di Berlino è super incasinata.


Berlino ha una metropolitana sotterranea ed una in superficie, chiamate U-bahn quella sottoterra, e S-bahn che è la ferrovia urbana.


                          Gege immortalato durante l'attesa della S-Bahn appena usciti dall'aeroporto.


A portarci all'albergo dovrebbe essere la S-bahn 45. Durante il tragitto però preferiamo scendere ad una fermata a caso (Bundes-Platz), per fare l'abbonamento ai mezzi per cinque giorni (per il quale ci partirànno solo 25 euro!).

Prima esperienza sulla S-Bahn - Faccio impressione coi capelli castani!


Aspettando il treno successivo, vediamo del cibo dall'aspetto veramente tedesco: i Currywurst.
Sono, nientepopòdimenoché, gli hot-dog, con il wurstel diverso da com'ero abituata a vederli, poiché pallidi.
La cosa peggiore è che in Germania non esiste la maionese. E io odio la senape.



                                                           La grigia ed innevata Berlino 


Al modico prezzo di 1,50 euro, ne prendiamo uno a testa. Ed era buonissimo anche solo col ketchup.


Risaliamo sulla la prima S-bahn (la ring line, che fa tutto il giorno il giro attorno alla città) alla volta di Hohenzollerndam, fermata in cui scendiamo e iniziamo la lunga camminata verso l'albergo, il Berlin City Messe.


Intanto anche lì nevica.


Arriviamo dopo dieci minuti all'hotel un edificio gigante, l'unico che svetta in una zona residenziale. Davanti passa una ferrovia.


Noi entriamo e chiediamo di poter posare i bagagli nella nostra camera, che è al quinto piano.
E' una stanza piccola, dalle pareti verde acqua tenue, con due letti separati (anche se avevamo specificato di volerlo matrimoniale) ed una finestrella, fuori dalla quale Gege metterà ogni sera fino a venerdì, le sue fetide Vans (infatti a Natale gli ho regalato delle scarpe nuove, sempre Vans, ma meno puzzolenti).
C'è anche un televisore, un piccolo lavandino e una scrivania, un altrettanto piccolo armadio.


                                                             Zoologischer Garten


Da buona ospite leggo il regolamento, per scoprire che la fermata più vicina che ci porta in centro è Heidelberger Platz, a soli cinque minuti da dove alloggiamo, e ha sia U-bahn che S-bahn.


Scendiamo e ci dirigiamo alla fermata Zoologischer Garten.








Non appena risaliti in superficie ci rendiamo finalmente conto di non essere più in Italia.
La città è agghindata a festa: luci natalizie ovunque, bancarelle che vendono cibo e piccoli oggetti pronti da regalare. Jingle Bell e canti natalizi in qualsiasi forma.




L'unica pecca, per Gege, è il caffè.
Inutile soffermarci troppo sull'argomento, perché il caffè all'estero ha sempre il gusto peggiore. Senza contare che per chiederne uno decente è d'obbligo specificare di volerlo "corto", che comunque in Italia sarebbe in grado di riempire l'intera tazzina.
A questo punto immaginate di vedere una bar/bancarella con sopra scritto "Bell'Italia", e che come marca di caffè c'è la Segafredo: ci entri per forza. E poi ti trovi a dire "beh, anche se non è il massimo, siamo ugualmente fuori dall'Italia!".


                                                      "Bell'Italia". Non ne vado fiera, eh!


Nonostante il freddo terribile giriamo tutto il tempo possibile tra bancarelle e negozi, e finiamo per trovarne uno di musica, immenso e pieno di cd, dvd e vinili fantastici.
Entrambi usciamo da lì acquistando dei regali di Natale, Gege quelli per i suoi amici, io con un cd dei The Beatles per il mio babbo.

                                                    Le luci dentro ad un centro commerciale


Fuori è già tramontato il sole, e per sconfiggere il freddo ci infiliamo in due centri commerciali immensi, per poi uscirne alle 19,30, decidendo di far provare a Gege le brezza di mangiare KFC. Io evito invece, poiché non amo il pollo.
Mezz'ora più tardi fumiamo una sigaretta, e ammirando un coraggioso ragazzo che cammina in maniche corte, arriviamo alla conclusione che, con noi, il freddo ha avuto la meglio: c'incamminiamo verso la fermata metro, alla volta della nostra stanza, fermandoci solo per comprare delle caramelle gommose, che saranno la mia cena.


                                    La fermata di Heidelberger Platz, coi suoi simboli massonici.


Al City Messe prendo il mio cambio e il pigiama, e corro a testare le docce del bagno in comune.


Per le 22,00 siamo già sotto le coperte, pronti a pianificare le giornate successive, prima di spegnere le luci e pensare: 


GUTEN NACHT BERLIN!